Se l'ADSL non va da Sansone, Sansone trova il modo di andare dall'ADSL

Un breve post, solo per raccontare una cosa interessante. (spero)

Molti di voi sapranno che sono connesso ad Internet in Anti-Digital-Divide (alias: ho la 640Kb/sec). Bene: questa connessione di Sabato e Domenica sembra comatizzare perché moltissimi utenti si collegano e la centrale collassa.

Ho scoperto che nella mia zona è presente anche un cavo che arriva da un'altra centrale, ad un paio di km da qui, e che se si effettua una specifica richiesta si può ottenere un collegamento con quel cavo.

Ho approfittato e per ora la procedura sembra muoversi: Lunedi verranno i tecnici Telecom a portarmi i nuovi cavi in casa. Il profilo dati è un 7 Mbit/sec ma, come mi hanno detto, probabilmente non supererò i 2 Mbit in quanto sono molto distante dalla centrale. Almeno, in teoria, saranno costanti.

Speriamo bene. Ne scriverò a cose fatte.

Windows va perdonato, gli altri...NO! - Storie dalla sala macchine

Capita spesso di incappare in qualche malfunzionamento informatico. A volte è dipendente dall'hardware, altre volte dal software. Ci sono infatti moltissime variabili in gioco ed ognuna di esse può essere fonte di problemi.

Cambia, però, l'atteggiamento delle persone. Si tende, infatti, ad essere più indulgenti nei confronti di alcuni sistemi rispetto ad altri. Paradossalmente, si è più indulgenti nei confronti di quello che si è pagato di più. Assurdo, ma è così.

Assisto quotidianamente a situazioni del genere e, quando questo non avviene, sento racconti.

La settimana scorsa, ad esempio, stavo tenendo dei corsi di formazione ed una delle persone venute ad assistere, una responsabile amministrativa di una nota azienda pubblica di Padova, mi ha raccontato un fatto molto interessante. Lei ha scelto di usare OpenOffice e non ci sono mai stati problemi di alcun genere. Un giorno la chiamano da un ufficio dicendo che un file da lei prodotto manda in crash il loro MS Office 2003. La signora lo modifica, lo esporta e lo rimanda: niente, non cambia nulla. Immediatamente insorgono le polemiche contro la scelta di OpenOffice, insistendo che la fonte dei problemi è la sua difformità rispetto al software principe: MS Office. La signora decide di fare una prova intelligente: apre il documento con OpenOffice ed effettua una operazione di "copia e incolla" all'interno di una pagina MS Office 2003 sul suo computer, impacchetta il tutto e lo rimanda. Risultato: crash. Dopo qualche analisi e qualche test, hanno deciso di riformattare la macchina che andava in crash poiché "il sistemista veniva chiamato continuamente a fronteggiare l'instabilità di quel computer e quella copia di Office andava in panne almeno 4/5 volte al giorno". Di chi era, dunque, la colpa? Non certo di OpenOffice, ma tutti l'avevano subito attaccato. Era il "diverso".

Porto qualche altra esperienza personale.

Si installa Ubuntu su una macchina client e si collega la stampante. Dopo 20 secondi era già pronta a stampare e tutto ha funzionato regolarmente per qualche giorno. Arriva una telefonata: "senti, scusa, ma questa macchina non stampa più. Rimettiamo Windows, evidentemente Ubuntu non è stabile abbastanza con le stampanti". Indago e... scopro che da quella macchina era stata tolta la stampante molto tempo prima perché aveva le USB danneggiate e funzionavano una volta su tre. Si erano però ben guardati dal dirmelo, o forse si erano dimenticati, ma il risultato è che la colpa era immediatamente caduta su Ubuntu. Da Windows si accettava, da GNU/Linux no.
Azienda medio-grande, installo un server antispam-antivirus per la posta elettronica. Hanno Exchange e gli strumenti Symantec non sembrano essere molto efficienti nei confronti dell'ondata di spam in arrivo in quei giorni. Metto quindi il server Debian a monte e, dopo averla filtrata, passa la posta agli strati successivi. Dopo qualche ora dal setup, tutti che si congratulano e meravigliano per l'efficienza del primo livello. Passano settimane, mesi e tutto procede regolarmente. Un giorno mi arriva una telefonata: "corri, il server Linux non consegna più la posta". Prendo la macchina e vado. Al mio arrivo trovo i due sistemisti e il responsabile che cercano disperatamente di accedere alla macchina Linux da remoto ma questa non risponde. Iniziano tutto un discorso legato al fatto che ha funzionato bene ma che in questa occasione ha dimostrato la sua instabilità, che dobbiamo comprare qualcosa di più efficace e stabile, magari un Linux a pagamento e non questa Debian perché nessuno ce la garantisce, ma che comunque bisogna pianificare un ritorno a Windows perché Linux, che passa per sicuro e stabile, ha appena mostrato di non esserlo. Io cerco di calmarli, di spiegare che ci sarà sicuramente un motivo, bla bla bla... insomma, due ore solo a dare spiegazioni in merito e nessuno di loro sembrava convinto. Ormai avevano deciso: quel Linux va rimpiazzato, non è stabile. Ci vuole il caro vecchio Windows. Per un crash dopo mesi? E poi perché la macchina ha crashato? Spiego di voler procedere ad un controllo invece che continuare a perdere tempo nelle disquisizioni filosofiche su Windows e Linux e chiedo loro di mostrarmi il server. Scendiamo sotto e vedo l'intero rack spento. Chiedo spiegazioni e loro dicono di non essersi resi conto dello spegnimento. C'era stato un sovraccarico sull'UPS e aveva interrotto l'alimentazione. Indignato per tutta la questione (mi hanno fatto correre e non hanno controllato neanche l'alimentazione della macchina???) chiedo: "ma le altre macchine nel rack... non vi siete accorti di niente?". La risposta è agghiacciante: "si, certo, abbiamo visto andare giu anche Exchange ma quello non ci meraviglia, visto che lo dobbiamo riavviare almeno tre volte al giorno in maniera brutale". Insomma: da Exchange si accetta, da Linux no.

Non bisogna mai avere troppi preconcetti.

Linuxari vs Windowsari (e vice-versa). Perché?

Utilizzo GNU/Linux da molti anni, direi in maniera totalmente stabile dal 1997. Molto tempo è passato, in valore assoluto, e si sono susseguite epoche informatiche. Una cosa però non è cambiata: l'atteggiamento degli utenti di un sistema operativo nei confronti di quelli di un altro.

Questa battaglia, iniziata molto prima dell'arrivo di GNU/Linux e della diffusione dei sistemi operativi opensource, genera una sorta di sudditanza psicologica nei confronti del sistema scelto. Uso questo sistema? Bene, ne devo diventare il paladino.

Ricordo ancora le facce delle persone a cui dicevo "no, non uso più Windows. Adesso uso GNU/Linux e ne sono soddisfatto". I miei interlocutori erano sorpresi, interrogativi, confusi. "E cos'è? Perché hai cambiato? Windows non ti andava bene? E li trovi i programmi?". All'epoca le risposte erano, nell'ordine: "Un sistema operativo alternativo". "Perché mi piace".  "Andava bene, ma c'era qualcosa che non mi convinceva del tutto". "I programmi si trovano anche se sono meno evoluti". A distanza di 12 anni, posso dire che tutte queste risposte sono cambiate e che, per fortuna, la prima domanda ormai non la pone più nessuno. Non è cambiato, però, l'atteggiamento di molte delle persone.

Utenti Linux/*BSD/Solaris/ecc.: a chi non è mai capitato di vedere, nella faccia del vostro interlocutore, quella espressione mista tra saccenza, superiorità e disprezzo? Quell'espressione che dice "ah, ecco, un altro cretino che decide di complicarsi la vita e di complicarla agli altri. Non ha veramente capito niente di informatica, poveretto. Devo riportarlo sulla retta via". Cercano di convincervi che siete parte di una nicchia, di un gruppo di fanatici invasati che cercano solo di raggiungere un'utopia, una cosa impossibile perchè la Vera Informatica (® (TM) ©) è quella fatta con strumenti seri e costosi. Poco importa se gli stessi strumenti sono disponibili, quasi nella stessa forma, anche nell'OpenSource. Un esempio? Tutti usavano VMWare Enterprise, a livello aziendale, perché ben fatto e stabile. Xen? No, quella roba OpenSource non mi interessa. Adesso, invece, c'è la bolla di Citrix. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Ma, signori miei, dal 2007 Citrix ha acquisito Xen e tutti i sistemi Citrix che ho visto dai miei clienti sono tutti Xen-based. Dunque Xen non andava bene solo perché non era in una bella scatola? Evidentemente si.

Purtroppo, devo ammettere, avviene anche l'opposto:

Utenti Windows: a chi non è mai capitato di vedere, nella faccia del vostro interlocutore (non-Windows) quella faccia di chi sta pensando "ah, ecco, un altro Windowsaro venduto a Microsoft e non capisce niente. Pende dalle labbra di Bill, senza rendersi conto che l'unica cosa che Bill vuole è incrementare il suo infinito conto in banca. Adesso lo converto io"

Gli utenti GNU/Linux (o *BSD o altro), spesso, credono di essere gli unici a conoscere la Vera Scienza. Nessuno, a parte loro, ha capito davvero come funziona un computer. Solo loro hanno intuito la Verità assoluta, quella da diffondere con tutti i mezzi. Windows è il male e come tale va combattuto in ogni modo. Bisogna convertire tutti gli altri, a qualunque costo. Il Kernel Linux, o *BSD o quantaltro è una sorta di Santo Graal e solo chi lo tocca con mano può aspirare all'immortalità informatica.

Benché io possa essere più o meno parzialmente d'accordo con alcune delle affermazioni precedenti, ritengo che la costrizione NON SIA il mezzo migliore per convincere un'altra persona. Ci vogliono motivazioni chiare, spiegazioni razionali e coerenti. In certe situazioni, poi, bisogna gettare la spugna.

A volte, ad alcuni clienti, non suggerisco il passaggio a GNU/Linux. Ci sono infatti delle situazioni in cui questo tipo di migrazione potrebbe causare molti problemi, vanificando tutti gli sforzi di convincimento fatti. Cerchiamo quindi di essere coerenti e razionali e non buttiamoci in una guerra di religione.

Dall'altra parte, molti utenti Windows, invece, si chiudono dietro ad uno scudo di ferro e rigettano tutto quello che sia esterno al loro mondo. Qualunque "non-Windows" va evitato come la peste in quanto è roba "non standard", "strana" o, per usare un termine tanto caro a chi cerca di vendere fumo, "non certificata".

Windows, infatti, è certificato. I suoi driver sono certificati. I suoi programmi sono certificati. I computer sono certificati. Quindi sono tranquillo. Tutto viene certificato. Ma chi certifica? Microsoft? Le aziende di produzione dei programmi o dei componenti hardware? Allora a che cavolo serve questa certificazione? E poi, certificano COSA? Che il prodotto funzionerà perfettamente per un certo lasso di tempo e che, se questo non dovesse avvenire, loro sono pronti a rimborsare? Assolutamente no. Sono solo frasi di puro marketing. E qui suggerisco una riflessione: per Windows ci sono migliaia di persone che si sforzano, giorno dopo giorno, di trovare delle interessanti tecniche di convincimento, di persuasione, di adulazione. GNU/Linux, *BSD, ecc. non li sponsorizza (quasi) nessuno o, per lo meno, non con così tanta foga. Non fidatevi di quello che vi dicono ma fidatevi dei vostri occhi, cercando di non avere preconcetti e predisposizioni sbagliate come "installo Linux ma tanto saprò già che non funzionerà niente, quindi al primo problema dico che Linux fa schifo e ritorno al mio Windows".

Tifo da stadio, dunque, oppure c'è qualcosa di più profondo? Io credo che qualcosa ci sia, ma non è semplice da identificare.Vogliamo tutti far parte di un gruppo e, a modo nostro, siamo indotti a pensare che il nostro sia migliore di tutti gli altri. Questo è bellissimo ed è parte della natura umana.

Cerchiamo però di non essere miopi e di saper accettare anche le idee degli altri. Se vogliamo convincere qualcuno, facciamolo con criterio e intelligenza, con pazienza e correttezza, ammettendo anche di avere torto, qualche volta.

Facebook-mania e MSN-dipendenza

Sono le tecnologie che cambiano le generazioni o forse sono le generazioni che cambiano le tecnologie? La domanda richiederebbe una lunga analisi, al termine della quale non si sarebbe giunti da nessuna parte. Sappiamo solo che le generazioni cambiano e le tecnologie pure.

Oggi l'informatica è alla portata di tutti ed è facile riuscire ad avere accesso a miriadi di informazioni. Alcune menti ci hanno lavorato sopra e hanno creato delle tecnologie in grado di stimolare uno dei bisogni primari degli esseri umani: la socializzazione.

A volte, però, si rischia di entrare in un tunnel dal quale si rischia di non poter più uscire.

Purtroppo, come per qualunque cosa, nel caso di alcune persone questa "socializzazione di massa" sta coinvolgendo TROPPO. Sempre più spesso si sente parlare di gente che non lavora più perché "passa troppo tempo chattando" oppure "facendosi i fatti degli altri su Facebook". Il fenomeno è preoccupante, considerando che molti miei clienti mi chiedono sempre più spesso di "bloccare l'accesso a Messenger" o "impedire che l'utente possa andare su Facebook".

Ma cosa sta effettivamente succedendo? Televisione, pubblicità e spot radiofonici cercano di convincerci che siamo speciali. Abbiamo il diritto naturale di avere un'automobile speciale, un computer speciale, un vestito speciale, un profumo speciale, un fisico speciale. I media ci mostrano un mondo in cui tutti cercano solo di fregarci e i sindacati cercano di difendere dei diritti che spesso non abbiamo o che non meritiamo più.  Pian piano, nel corso degli anni, abbiamo iniziato a convincere noi stessi e a sentire uno smisurato bisogno di convincere anche gli altri del fatto che, in effetti, siamo davvero al centro del mondo. Il "bisogno di accettazione" è primario rispetto a tutto il resto e se la tecnologia ci fornisce strumenti per semplificarci la vita, abbiamo il dovere di usarli. Avere tanti amici è, di solito, sintomo di simpatia e gradevolezza, di essere accettati dalla comunità.

"Hai tanti amici su Facebook? Allora sei una persona trendy!". Peccato, però, che molti di loro li hai a malapena visti una volta e magari non saresti neanche in grado di dire il loro nome se li incontri per strada.

"Passi la giornata in chat? Wow, devi avere molti amici!". Peccato che poi, però, questo potrebbe pregiudicare la tua vita sociale VERA, quella che va al di fuori del computer.

Uno strumento tipo Facebook può essere utile per tenersi in contatto con persone che altrimenti si rischia di perdere di vista, per ritrovare vecchi amici o gente di cui si sono perse le tracce da anni. Passare la vita al suo interno solo per vedere la vita degli altri è da falliti.

Sempre più spesso, purtroppo, vedo gente che passa la giornata (e la notte!) solo a fare questo. Vivono con un computer tra le mani, meglio se portatile, e trascurano le attività della vita reale per passare il proprio tempo davanti a questi sistemi di social networking. Cosa fanno? Guardano le foto degli amici, gli amici degli amici, il loro stato, si informano su cosa hanno fatto e su cosa fanno, cercano di carpire esperienze altrui e di farle proprie. Alcuni non spengono neanche il computer, di notte, per averlo sempre a portata di mano. Lo scopo? "Beh, se mi sveglio e non riprendo sonno almeno ho qualcosa da fare".

Questo atteggiamento è gravissimo in quanto si rischia di compromettere quella che è la propria socialità vera: se ti chiedo di uscire o di fare due chiacchiere, non vale la pena di spegnere il computer e fare delle attività REALI, di fronte a una o più persone in carne ed ossa?

Il paradosso, inoltre, si ha quando una persona decide di non uscire con gli amici per restare a chattare su Messenger. Insomma, strumenti di "social networking" che rischiano di rendere asociali i propri utenti. Qualcosa non funziona.

Ci sono persone che si immedesimano talmente tanto da assimilare quello che leggono, convincendosi (o cercando di convincere gli altri) di aver vissuto alcune delle esperienze che vedono nelle foto di Facebook o che sentono raccontate dai propri amici su Messenger. Spesso vengono scoperte, in quanto non puoi aver vissuto quell'esperienza di cui mi stai parlando se hai passato l'intera giornata davanti al computer.

Il fenomeno è quindi preoccupante e ci sono intere schiere di persone che si stanno facendo "prendere" da queste nuove tecnologie. Forse finirà come tutte le mode, verrà tutto abbandonato e il fenomeno si ridimensionerà a dovere. Nel frattempo, però, è bene non esagerare e ricordare che ogni essere umano è speciale, in quanto è unico. Non cerchiamo solo di uniformarci al mondo, poiché il mondo è bello e vario proprio perché ognuno di noi ha un universo al suo interno. Esatto, al suo interno, non sul suo stato di Facebook.

Come funziona il GPS?

Amici, clienti, conoscenti, lettori: spesso mi viene chiesto come funziona il GPS oppure viene fuori, parlando, che c'è molta confusione nella concezione di questo tipo di tecnologia. Ho già parlato dei navigatori satellitari ma non sono entrato nello specifico. Vorrei quindi, una volta per tutte, scrivere un post in cui spiego cos'è e come funziona il sistema GPS, sfatando alcuni miti e alcune leggende metropolitane che continuano ad imperversare.

GPS sta per Global Positioning System. Lo scopo del sistema è quello di consentire la determinazione precisa, esatta e univoca della propria posizione in qualunque punto del nostro Pianeta. Nato per scopi militari, nel corso degli anni è stato applicato anche all'uso civile. L'attuale sistema è americano anche se, già da un pò, l'Unione Europea ha terminato di pianificare il proprio sistema di posizionamento, chiamato Galileo.

Il GPS è composto da un certo numero di satelliti (da 24 a 32) che orbitano intorno alla terra trasmettendo continuamente e ripetutamente dei segnali nella banda delle microonde. Grazie ad alcuni calcoli matematici, infatti, conoscendo il tipo di segnale da ricevere (ovvero cosa dovrebbe arrivare) e il modo in cui viene ricevuto, è possibile stabilirne la distanza dal punto di emissione. Applicando questo meccanismo ad almeno tre segnali (quindi satelliti) diversi, è possibile calcolare la propria posizione esatta, l'ora e la velocità. Più satelliti vengono rilevati più possibilità ci sono che, in movimento, il segnale non venga mai perso; inoltre aumenta anche l'accuratezza poiché ci sono più termini di confronto.

Le antenne GPS, dunque, non sono altro che delle normali antenne tarate su particolari frequenze, dotate di un microprocessore che effettua il calcolo del segnale ricevuto per determinare la propria posizione.

Uno dei principali errori che le persone commettono, infatti, è quello di credere che il GPS preveda una trasmissione verso i satelliti. Sbagliato! Il ricevitore GPS non trasmette nulla ai satelliti ma si limita a ricevere un segnale e sfruttarlo per capire la propria posizione. Pensandoci bene, come è possibile che un dispositivo così piccolo e con così poca alimentazione possa essere in grado di inviare un segnale nello spazio?

Nessuna violazione di privacy, quindi, poiché solo la nostra antenna può conoscere la nostra posizione.

Lo stesso discorso vale per gli antifurti satellitari: non "trasmettono" la propria posizione ai satelliti ma si limitano a determinarla via GPS e trasmetterla ad un centro di controllo grazie ad alcune schede telefoniche GSM, cosa peraltro semplicemente replicabile con moltissimi telefoni cellulari moderni.

Volete sapere cosa combina, quanto corre e quanti km effettua vostro figlio quando esce in macchina? Prendete uno smartphone con GPS integrato, installate un software gratuito tipo GPSED, che consente anche l'invio in tempo reale delle informazioni di percorso e nascondetelo in macchina. Potrete seguire i suoi spostamenti in tempo reale. A parte le problematiche di privacy, la cosa funzionerà perfettamente.