Perché GNU/Linux comincia a piacermi meno

Pinguino FeritoChi mi conosce, sa anche che sono un fautore di GNU/Linux e lo sono stato sin dalle mie prime esperienze con esso, ovvero dal 1996. All'inizio era un po' ostico, ma pian piano ci ho preso mano e ho iniziato a farci praticamente tutto. Sono praticamente Windows-free dal 1998, e ne sono fiero, visto che ogni approccio di avvicinamento ai prodotti Microsoft mi ha sempre causato problemi (X-Box 360 esclusa).

Qualcosa, però, negli ultimi anni è cominciato a cambiare. La forte spinta commerciale di aziende (come Oracle, Sun, IBM, ecc.) ha creato una situazione in cui lo sviluppo del kernel (e di molte distribuzioni) fosse guidato non più da mere ragioni tecnico/pratiche ma da ragioni quasi sempre commerciali. Alcune funzionalità sono state abbandonate per permettere lo sviluppo a tempo pieno di altre soluzioni. Intendiamoci, chi paga per sviluppare Open Source decide cosa e quando svilupparlo, ma il punto è che non sempre questo significhi un miglioramento dell'esperienza utente. Anzi, a volte certe aziende sembrano voler "dirottare" l'Open Source verso le loro soluzioni per vendere consulenza. Più che lecito, ma non sono sempre sicuro che questa poi sia la miglior soluzione per gli utenti finali.

Colossi come Red Hat, poi, hanno creato una sorta di sudditanza inconscia di tutto il team di sviluppo. Si pensi a KVM e alla sua scelta di inclusione come  sistema di virtualizzazione "ufficiale" all'interno del kernel. E' stata una scelta dettata da Red Hat, la quale ha sempre voluto avere un forte controllo sul prodotto e screditato tutto ciò che non fosse sviluppato da loro stessi proprio per far spazio alle proprie tecnologie. KVM è stato, almeno inizialmente, nettamente inferiore a XEN, specialmente ai tempi in cui la scelta è stata "inspiegabilmente" deviata verso il primo prodotto. Perché? La risposta è semplice: anche nello sviluppo di GNU/Linux, ormai ciò che conta non è più quello che viene fatto e come ma QUANTO ciò possa rendere alle aziende che ci investono sopra.

Intendiamoci, ciò è naturale e non criticabile. D'altronde molti rispondono che GNU/Linux è un sistema aperto, e come tale chiunque può partecipare o fare il suo fork. Ma guardiamo in faccia la realtà: se non sei nessuno e non segui le linee guida prestabilite, non vieni minimamente considerato. Il bazaar è in realtà ormai una Cattedrale con dentro tante belle bancarelle. Il visitatore crede di essere libero, ma di fatto lo è solo in parte. La libertà c'è, ma nei limiti di quello che fa comodo ai colossi del settore.

E chi si metterebbe a fare un fork di un progetto come Linux? Chi se ne accolla  i backport, i bugfix, ecc? Troppo codice, sarebbe un'operazione decisamente fuori da quello che è realizzabile da un singolo o da una azienda a capitale limitato.

Oggi, più che dieci anni fa, si è molto dipendenti dalle distribuzioni, avendo esse preso strade molto diverse tra di loro. Ultimamente ho avuto grattacapi negli aggiornamenti di Debian (da stable a stable, sia chiaro), con pacchetti lasciati non funzionanti. Oppure bug non sistemati anche se noti (es: Debian 6.0 aveva noie e il kernel Xen dom0 non partiva di default perché Grub continuava a piazzarlo dopo quello normale. Mai risolto, bisognava sistemare a mano).

A livello di Workstation, sono stati fatti grossi passi avanti sulla compatibilità hardware, eppure quello a cui non riesco ad abituarmi è il problema degli aggiornamenti. Se voglio avere un computer ragionevolmente stabile ma aggiornato, devo usare una distribuzione aggiornabile e che non "rompa" qualcosa ogni 6 mesi o ad ogni aggiornamento importante. Io con il computer ci lavoro, non posso correre rischi. E ho bisogno di strumenti aggiornati. Ubuntu è passata a Unity e di colpo tutto è cambiato completamente (ok, è installabile anche un'altra interfaccia, ma...). Mint, che mi piace, ha due versioni: una Rolling (che non è aggiornata in molti pacchetti, derivando da Debian Testing, e non voglio mettermi a tirare dentro mille repository esterni) e una che effettua release ogni tot mesi ma che non ha un metodo "ufficiale" di aggiornamento. Alias in teoria sarebbe opportuno cancellare e reinstallare tutto. E ho fatto solo alcuni esempi. Una alternativa sarebbe installare Ubuntu 12.04 LTS, che ultimamente ho iniziato ad usare felicemente su alcuni nuovi server, al posto di Debian. Ha la possibilità di mettere dentro kernel recenti e sarà supportata fino al 2017, aggiornando comunque i pacchetti principali (browser, ecc.) fino a tale data.

Continuo ad apprezzare GNU/Linux e le varie distribuzioni, e le utilizzo e utilizzerò con piacere sui miei server e su alcune Workstation, insieme ai vari *BSD. Però nessuno si meravigli se, per la produttività quotidiana, utilizzo un MacBook PRO (del 2009 fino a un mese fa, un nuovo Retina ora). Acquistato nel 2009 con Leopard (MacOS 10.5), backup effettuati con Time Machine in rete (su una Time Capsule simulata da un server locale GNU/Linux  e netatalk) e da cui ho recuperato spesso dati. Aggiornamenti fino all'ultimo MacOS (10.9.1) effettuati senza alcun problema o rottura di compatibilità, e passaggio dal vecchio al nuovo Mac in maniera indolore, sfruttando il backup di rete che avevo. In un'ora avevo un Mac nuovo con dentro tutto il necessario per riprendere il lavoro.

Neanche MacOS ha preso una bella piega (la iOS-izzazione di OS X non mi piace per niente), e molti potrebbero dire che Apple è peggio di Microsoft (forse è così...), però ho uno strumento di lavoro affidabile, rapido e funzionale.

Che poi è ciò che interessa a buona parte dell'utenza che col computer ci lavora.

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